La "QUARESEMA" , vecchia, scarna e triste, che vuole essere la moglie di CARNEVALE, morto alla fine del martedi grasso per essersi troppo dato ai bagordi della tavola e del buon vino, e per questo vestita di nero in segno di stretto lutto.
Un tempo i nostri rioni erano pieni di questi fantocci appesi alle finestre ed ai balconi, sicuramente in forma e dimensioni varie, che avevano il compito di segnare il tempo di Quaresima... essa era il calendario di questo periodo di astinenza e digiuno. Questa vecchina portava appesa alla sua veste una patata con 7 penne, le sette domeniche di questo periodo. C'è chi sostiene che 6 di queste penne dovessero essere bianche ed una nera, quella della Settimana Santa, mentre altri sostengono il contrario: 6 penne nere, per le settimane di Quaresima ed una bianca per indicare la domenica di Pasqua. Ad ogni domenica una penna va tolta dal tubero fino a giungere all'ultimo giorno di Quaresima nel quale, tolta l'ultima penna, il fantoccio, in alcune zone campane, va incendiato per significare la fine di questo mesto periodo di attesa e di astinenza. A proposito di colore delle penne del nostro fantoccio, nel libro di Enzo Avitabile "Antichi proverbi napoletani - Modi di dire, citazioni, poesie e canzoncine" cosi leggiamo: " Durante il periodo della quaresima, era in uso in certi quartieri popolari di Napoli mettere esposto un fantoccio di cenci appeso ad un filo teso fra due balconi sotto cui era sospesa una grossa patata od un'arancia con sette penne delle quali cinque nere una bianca e nera o grigia, ed una tutta bianca. Le prime cinque venivano strappate una per volta nelle cinque domeniche, la bianca e nera la domenica delle Palme, e l'ultima a Pasqua assieme al fantoccio in mezzo all'accensione di in nutrito fuoco pirotecnico. A questo fantoccio i fanciulli dedicavano il seguente canto.
Quaraesema secca secca
Se magnai' 'e pacche secche
Le ricette rammene una
Me menaie lu trapenaturo:
Le ricette rammene n'ata
Me menaie 'na zucculata."
A questa figura in gramaglia si ispirava, anche dalle parti nostre, una filastrocca, che i bambini mandavano a memoria, che così recitava: " QUARAESEMA teseca teseca, levate 'a sotto ca io te cresemo..." Qualcun altro invece canta: " QUARAESEMA, pesula, pesula..."
Spesso il fantoccio della Quaraesema portava in grembo un cesto con la lana ed alle mani il fuso, per indicare l'importanza di non sprecare il tempo nella propria vita, ma di dedicarlo alla laboriosità ed all'operosità.
